Questa è la quinta tappa di un viaggio, che ci auguriamo non breve, tra storie di inclusione, resistenza e disobbedienza civile. Storie di persone, istituzioni, associazioni e sindacati che compongono un’Italia diversa. Perché a fare da contrappeso al razzismo strisciante che trapela dalla comunicazione e dagli atti istituzionali del governo giallo-verde non c’è solo l’accoglienzaContinua a leggere “Matera, quelle mani che parlano di inclusione”
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Schiavi a ore, la vita agra dei Sikh
Viaggio multimediale nei campi del litorale romano e dell’Agro Pontino. Migliaia di braccianti indiani lavorano per pochi euro: sfruttamento, violenze e caporalato. E un sindacato che cerca di far rispettare i loro diritti
A Firenze, dove non si muore più di caldo
Reportage multimediale dai cantieri in cui si applicano le nuove linee guida della Asl contro i colpi di calore. Una vittoria del sindacato e degli Rlst. “Un passo importante per rendere di nuovo i lavoratori protagonisti, ma la strada per la sicurezza è ancora lunga”. Foto di Marco Merlini
Giona a tutta birra
Il 21 maggio Giona sbarca a Frosinone. Una bella presentazione al Birracolo, la casa della birra, con Stefano Milani e Marcello Carlino. Ecco le foto.
Una foto, un viaggio, un libro
Tutto è iniziato così. Con una vecchia foto sgualcita, coi bordi zigrinati come quelli di un francobollo, scovata per caso nel fondo di un cassetto tutto scheggiato. Poi c’è stato un viaggio. Con l’obiettivo di portare quella foto nel luogo in cui era stata scattata, 70 anni prima. E’ stato un viaggio lungo, complicato e faticoso, attraverso un PaeseContinua a leggere “Una foto, un viaggio, un libro”
Migranti: industriali europei contro il populismo
Dal 1° gennaio bulgari e romeni viaggiano liberamente in Europa. I timori di Londra e Berlino vengono smontati dall’imprenditoria, che invece chiede manodopera. In Svizzera referendum xenofobo, ma l’economia nazionale regge grazie all’Ue
Cambogia: la polizia spara sugli operai, tre morti
A Phnom Penh la polizia ha aperto il fuoco contro i lavoratori tessili scesi in piazza per chiedere un aumento di salario. Sono 650.000, sono la base dell’economia cambogiana e chiedono un aumento di 80 dollari mensili sul salario
Una pietra sul passato a Fahrenheit su Radio 3, il podcast
Il podcast della puntata di Fahrenheit del 16 gennaio. Intervista a Carlo Ruggiero Fahrenheit, 16 gennaio
Quando la crisi fa a pezzi il teatro
Spagna: la recessione mina la convivenza civile. Il caso di una piccola compagnia teatrale di Madrid e di uno sgombero della polizia che distrugge tutte le sue attrezzature. “Non lo credevamo possibile in un paese democratico”
Rifugiati in Libia: diritti negati e responsabilità europee

Un’inchiesta di Fidh, Jsfm, Migreurop e Unione forense per i diritti umani testimonia gravi ed estese violazioni nei capi profughi libici: “Caccia all’uomo per gli africani.” Intanto i respingimenti nel Mediterraneo continuano
La Libia continua ad essere un inferno per migranti, rifugiati e richiedenti asilo. E l’Unione europea, fresca insignita del premio Nobel per la pace, non appare certo esente da colpe. E’ questo il quadro dipinto in un rapporto redatto dalle delegazioni della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (Fidh), di Justice Sans Frontières pour les Migrants (Jsfm), di Migreurop, e dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani.
La relazione si basa sui risultati di un’indagine condotta nel giugno 2012. in sette campi di detenzione, a Tripoli, Bengasi e nella regione delle Montagne Nafoussa. Ebbene, la situazione dei migranti viene definita “devastante”, con gravi ed estese violazioni dei diritti umani, in particolare nei confronti di coloro che provengono dall’Africa sub sahariana, e che oggetto di una vera e propria caccia all’uomo da parte di gruppi di miliziani “totalmente fuori controllo”. Ma oltre alla Libia, anche l’Unione europea e i suoi stati membri escono piuttosto male dall’inchiesta, accusati di politiche migratorie più attente ad una generica “sicurezza” dei propri confini che al rispetto dei più basilari diritti umani.
Un hub di migrazione. Prima del conflitto, quasi un terzo della popolazione libica era composto da lavoratori stranieri. La guerra ha provocato un esodo di massa di migranti dal paese, che oggi, in piena ricostruzione, è tornato ad essere un luogo in cui cercare lavoro. “I migranti che passano in Libia per cercare di raggiungere l’Europa sono solo una piccola minoranza. E quelli che lo fanno sono in genere in fuga dai conflitti nel Corno d’Africa. Cercano una protezione internazionale che la Libia non può garantire”, ha dichiarato Messaoud Romdhani, vice presidente della Lega tunisina per i diritti umani. La Libia, infatti, non ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 e non ha quindi un sistema d’asilo. La Guardia costiera libica, tra l’altro, conferma che quasi tutti i migranti intercettati nel Mediterraneo sono di origine somala o eritrea.
Nelle mani delle milizie. Per i migranti provenienti dall’Africa sub sahariana il viaggio risulta particolarmente pericoloso: sono spesso vittime di estorsione e violenza da parte dei trafficanti di esseri umani, abbandonati nel deserto o respinti alle frontiere. Al loro arrivo in Libia, gli stranieri considerati “pericolosi” vengono spesso arrestati da gruppi di ex ribelli (Katiba), che operano al di fuori del controllo delle autorità governative. I migranti di origine sub sahariana sono gli obiettivi principali in un contesto di razzismo profondamente radicato. Un leader di un gruppo che si fa chiamare “Free Libya” ha recentemente dichiarato: “La priorità è quella di pulire il paese dagli stranieri e di porre fine alle politiche di Gheddafi che hanno riempito di africani questo paese. Non vogliamo più che queste persone portino qui criminalità e malattie”.
Detenzione arbitraria e indefinita. Migliaia di migranti sono oggi detenuti in campi improvvisati dai ribelli senza alcuna prospettiva di liberazione. “Le condizioni in cui vivono sono disumane e degradanti. Le celle sono sovraffollate e in situazioni igieniche drammatiche, tra l’altro ai detenuti è raramente permesso uscire. I migranti subiscono abusi fisici e psicologici”, ha dichiarato Sara Prestianni, membro del Migreurop. Il rapporto documenta anche il reclutamento di migranti da parte di imprenditori privati. “Abbiamo assistito a scene in cui persone venivano nei campi, con la complicità delle guardie, per selezionare gli immigrati da far lavorare nelle loro aziende. I migranti non avevano la minima idea di quanto avrebbero dovuto lavorare, né se sarebbero stati pagati”, ha aggiunto Geneviève Jacques, membro del Consiglio Internazionale Fidh. Quando non sono più necessarie per il lavoro, poi queste persone vengono riportate ai campi.
La responsabilità dell’Ue. Le interviste con i detenuti a seguito ad intercettazioni in mare indicano inoltre che le pratiche di rimpatrio forzato in Libia continuano, in violazione del diritto internazionale (come affermato in un recente caso dinanzi alla Corte europea per i diritti dell’uomo, Hirsi contro Italia, 23 febbraio 2012). Nuovi accordi di cooperazione sono poi in corso di negoziazione tra la Libia, l’Unione europea ei suoi stati membri. “È legittimo il sospetto che i respingimenti nel Mediterraneo proseguano”, ha denunciato Mario Lana, vice presidente della Federazione internazionale dei diritti umani (Fidh) e presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani (Uftdu). Per Lana, è necessario “rinegoziare gli accordi di cooperazione nel rispetto del diritto internazionale relativo ai diritti umani e rendere pubblici gli accordi. Finora c’è una gestione anomala: si fanno gli accordi ma non si rendono pubblici come è doveroso in un Paese democratico. L’Italia sta rinegoziando gli accordi con la Libia, noi abbiamo il diritto di conoscere le misure che verranno adottate per poter dare anche un contributo”.