L’Italia non è un paese per rifugiati

Non è un paese per rifugiati (foto di Attilio Cristini) (immagini di di Attilio Cristini)Mentre in tutto il mondo aumentano le domande di asilo, nel 2009 si registra un calo del 43% nel nostro paese. E’ l’effetto dei respingimenti in Libia. Il giurista: “Uno scandalo nazionale”. L’agenzia Onu: “Così li si getta nelle mani dei trafficanti”

di Carlo Ruggiero

I dati dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, parlano chiaro: l’Italia non è un paese per rifugiati. E non solo per le terribili condizioni di vita in cui molto spesso profughi e richiedenti asilo sono costretti a vivere nel nostro paese (condizioni che rassegna.it ha testimoniato, sia per quanto riguarda i somali dell’ex ambasciata di Roma, sia per quanto riguarda gli afghani del quartiere Ostiense). Ma soprattutto perché il nostro paese sembra aver deciso di abdicare ai suoi doveri internazionali, almeno per quanto riguarda i forzati della migrazione.

Secondo l’agenzia Onu, infatti, mentre il numero delle richieste di asilo politico risulta in sensibile aumento a livello globale, le richieste pervenute allo Stato italiano sono clamorosamente crollate, diminuendo di più del 42 per cento tra il 2008 e il 2009. Scorrendo i dati dell’Alto commissariato, si scopre così che le persone costrette alla migrazione involontaria sono state più di 43 milioni nel 2009. L’Unhcr ha addirittura registrato nel corso dello scorso anno il numero più alto di migranti dalla metà degli anni 1990.

Rispetto al 2008, l’universo dei migranti involontari è poi aumentato del 3 per cento a livello globale. Tra questi, il numero complessivo dei richiedenti asilo è cresciuto rispetto all’anno precedente di oltre 150mila unità (da 827.323 a 983mila), dando continuità ad un trend che da un triennio caratterizza questo segmento.

Nel nostro paese, invece, si registra una tendenza esattamente opposta. I rifugiati in Italia, alla fine del 2009, erano circa 55mila, mentre il numero delle nuove istanze di asilo presentate alle Commissioni territoriali sono state 17.603, quasi la metà in meno rispetto al 2008 (-42,3 per cento).

Cos’è successo, allora? Ebbene, il crollo delle cifre è sostanzialmente iniziato con l’approvazione da parte del Parlamento, nel febbraio 2009, della ratifica del “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” con la Libia, che ha sdoganato i respingimenti in mare di tutti i migranti, profughi o meno senza distinzione di sorta. Il controllo alle frontiere libiche, infatti, ha di fatto compromesso il rispetto del principio di “non respingimento” e la concreta possibilità, per ogni richiedente asilo di avanzare la propria domanda. In sostanza, i probabili rifugiati politici non fanno richiesta di asilo, perché vengono respinti prima di avere la possibilità di presentare una domanda.

La stessa tendenza, tra l’altro, si riflette sui dati relativi ai primi 6 mesi dell’anno in corso. Le domande di protezione internazionale presentate in Italia fino a giugno 2010, sono state solamente 6.163, ovvero circa la metà di quelle presentate al settembre del 2009 (12.857).

“Il crollo delle domande non è certo dovuto al fatto che non ci sono più richiedenti asilo – conferma Gianfranco Schiavone, consigliere nazionale dell’Asgi, l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione – lo dimostra il fatto che il dato è in aumento in tutto il mondo, e specialmente nel Nord Europa”. II problema – afferma il giurista – è che a causa dei respingimenti ci sono migliaia di richiedenti asilo che non riescono più a raggiungere l’Italia e vengono tenuti lontano da un loro diritto”. “Questo è uno scandalo nazionale” – conclude.

A riprova di questa tesi, in effetti, c’è il fatto che rispetto al 2008 sono significativamente diminuite le istanze avanzate dai migranti in fuga dall’Afghanistan e dall’Africa, ed in particolare coloro che provengono dalla Nigeria, Somalia, Eritrea, Costa d’Avorio e Ghana, mentre al contrario sono lievemente aumentate quelle dei cittadini del Bangladesh. Quest’ultimi, infatti, seguono rotte diverse che non li costringono a passare dalla Libia.

Così, se alla fine del decennio scorso, la maggior parte delle domande di asilo erano presentate da cittadini provenienti dalla ex-Jugoslavia o curdi provenienti dall’Iraq e dalla Turchia, che giungevano via mare in Puglia e in Calabria, o via terra attraverso il confine italo-sloveno, nell’ultimo biennio la maggior parte delle istanze è stata avanzata da cittadini in fuga dall’Africa e dall’Asia. Ora anche a questi disperati non è più permesso arrivare sulle coste italiane per chiedere rifugio.

Non è un caso se recentemente l’Unhcr abbia affidato ad una nota ufficiale un allarme. L’agenzia Onu afferma infatti di “riconoscere la necessità della gestione delle frontiere, ma questo non può prescindere dalla protezione dei rifugiati”. “Le politiche di controllo dei confini che bloccano indiscriminatamente gli arrivi – si legge – non fanno che spingere i richiedenti asilo a percorrere vie ancora più rischiose e disperate per cercare salvezza. Questa è la ragione per la quale oggi sempre più richiedenti asilo si trovano nelle mani dei trafficanti”.

link originale: http://www.rassegna.it/articoli/2010/12/28/69977/litalia-non-e-un-paese-per-rifugiati

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