
Due associazioni svizzere e norvegesi pubblicano un nuovo rapporto sulle condizioni inaccettabili dei profughi nel nostro Paese e chiedono ai rispettivi governi di interrompere i trasferimenti verso il Belpaese
di Fabrizio Ricci e Carlo Ruggiero
Cambiano gli attori, ma non il copione: c’è ancora l’Italia sotto accusa, per la sua incapacità di accogliere dignitosamente i rifugiati politici e i richiedenti asilo. E c’è ancora la richiesta agli altri Paesi europei di non respingere verso il “Belpaese” i cosiddetti dubliners, ovvero quei profughi che, seppure arrivati ed identificati in un primo momento in Italia, proseguono poi il loro viaggio verso Nord, verso Paesi in cui gli standard di ospitalità sono diversi e in cui, certamente, non si rischia di finire a vivere in strada come invece, troppo spesso, succede qui da noi.
Dopo l’accurato lavoro di indagine svolto dagli avvocati tedeschi Dominik Bender e Maria Bethke per conto dell’associazione Pro Asyl, al quale Rassegna.it ha contribuito con la videoinchiesta sull’ex ambasciata somala di via dei Villini, ora un nuovo rapporto sulle condizioni dei rifugiati nel nostro Paese arriva da altre due associazioni, una norvegese (JussBuss, associazione di Oslo formata da studenti della facoltà di legge, che offre sostegno legale gratuito a chi non può permetterselo) e una svizzera, Sfh Osar, il consiglio per i rifugiati svizzero (corrispettivo del nostro Cir).
Ebbene, dopo una dettagliata analisi sulle procedure d’asilo, sulla integrazione, sulle risposte offerte in termini di alloggio, diritto alla salute, lavoro e via dicendo, il rapporto svizzero-norvegese arriva ad una conclusione perentoria: “L’Italia è tra quei Paesi che al momento non sono in grado di garantire il rispetto dei diritti e delle tutele minime previste dalle direttive dell’Unione europea per i rifugiati, specialmente per quelli che hanno subito traumi o sono in condizioni psichiche difficili”.
E questa situazione – scrivono ancora gli autori del rapporto – dovrebbe essere “motivo di grande preoccupazione” per i governi di Svizzera e Norvegia (così come per tutti gli altri governi europei) quando questi decidono di rimandare i richiedenti asilo in Italia applicando il regolamento Dublino II.
A testimonianza del fatto che il problema non sta nel riconoscimento del diritto di asilo, ma nelle condizioni di vita che il nostro Paese è in grado di offrire, nel documento (45 pagine in tutto), si fa notare che “nel 2010, il 38% dei richiedenti asilo in Italia ha ottenuto subito la protezione e nel 14,26% dei casi addirittura l’asilo politico”. Ma le statistiche mostrano – e qui sta il dato significativo – che molti dei profughi lasciano l’Italia dopo aver ricevuto un permesso di soggiorno, non prima. Perché in realtà – si legge ancora – un grande numero di rifugiati riconosciuti è lasciato “fuori dalla società italiana, con scarsissime possibilità di raggiungere standard di vita normali, e in molti casi finisce per vivere sulle strade o in edifici occupati, in condizioni insostenibili”.
Il rapporto ricorda anche che la Corte Europea per i diritti umani ha stabilito in un recente giudizio che anche se non esiste un obbligo generale per gli Stati a garantire un certo standard di vita per i rifugiati, esiste comunque un obbligo a non esporre gli individui a difficoltà ed insicurezze costanti rispetto alle loro condizioni di vita. E ciò che hanno riscontrato in Italia le associazioni svizzere e norvegesi solleva “quanto meno seri dubbi” sul fatto che l’Italia rispetti gli obblighi previsti dalla legge europea ed internazionale.
Insomma, avvertono le associazioni, se gli stati continuano a trasferire richiedenti asilo e rifugiati in Italia c’è il rischio concreto di violare i diritti fondamentali dell’uomo così come definiti all’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E il fatto più inquietante è che quell’articolo è dedicato alla tortura.