Phonemedia, settemila dispersi nell’azienda fantasma

call center Una lettera dei lavoratori del call center ceduto al Gruppo Omega. Mobilitazione in 12 sedi sparse in tutta italia. Da mesi sono senza stipendio ma non sanno a chi rivolgersi. “Siamo alla disperazione ma non molliamo”

di Carlo Ruggiero

A colpire sono innanzitutto le dimensioni della vicenda. Settemila lavoratori che non percepiscono lo stipendio da mesi. Dodici sedi sparse in tutta Italia, dal sud al nord, da Trapani a Novara. Una multinazionale protagonista di una cavalcata sbalorditiva che, nel giro di pochi anni e con una lunga serie di acquisizioni e fusioni, arriva a definirsi “leader italiano nel settore servizi di call center e di supporto alle aziende”. Aziende come Telecom Italia, Enel, Tim, Wind, H3g, Vodafone e Avon.

Poi ci sono le parole dei lavoratori: “Continuiamo, alla ricerca di visibilità e con in testa il proposito di ottenere giustizia, per ciò che abbiamo subìto in questi mesi e per ciò che ci aspetta nel prossimo futuro. Vogliamo denunciare i vertici aziendali, perché hanno truffato e rubato i soldi nostri, di onesti lavoratori, e i soldi dello Stato. Vogliamo i risarcimenti per noi e la galera per loro, non devono più recare danno a nessun lavoratore. Siamo alla disperazione ma non molliamo.”

Nella dettagliatissima lettera che i lavoratori della sede di Trapani ci hanno spedito in redazione si racconta per filo e per segno la strana storia del gruppo Phonemedia, acquisito insieme ad Agile/Ex Eutelia dal network internazionale Omega, società che da mesi va rastrellando aziende in via di liquidazione. Phonemedia era stata fondata da Fabrizio Cazzago nel 2002 ed era diventata in pochi anni un colosso nel settore. Secondo quanto raccontano i lavoratori, però, quando i primi morsi della crisi si sono fatti sentire, il fondatore ha deciso di defilarsi. Dal mese di dicembre 2008 le retribuzioni sono state consegnate ai lavoratori in ritardo e in due soluzioni, poi, alla fine di luglio 2009 tutto ha cominciato a precipitare.

Cazzago, con un comunicato ufficiale, ha informato i lavoratori che Phonemedia era stata venduta ad una multinazionale inglese: il Gruppo Omega spa. La notizia fu per i dipendenti un fulmine a ciel sereno, perché solo poche settimane prima lo stesso proprietario aveva rinnovato il proprio impegno per superare il momento critico. I lavoratori allora non potevano sapere che Omega, in realtà, assomiglia ad un gioco di scatole cinesi, nel quale districarsi risulta piuttosto complicato.

Pochi giorni dopo la cessione di Phonemedia, il 5 agosto, Sebastiano Liori, rappresentante di Omega ai tavoli istituzionali, si dimette dalle cariche di consigliere di amministrazione di Omnia, un’altra controllata del gruppo. Il 21 agosto, in un comunicato, Omnia Network smentisce il suo ormai ex manager passato ad Omega, affermando che “i progetti delineati” da Liori presso il tavolo al Ministero per lo Sviluppo economico “sono diversi da quelli che la Società sta perseguendo”. Il 17 settembre Omega/Omnia non si presenta al tavolo del ministero che, in un comunicato stampa, stigmatizza il comportamento dell’azienda e chiede l’immediata soluzione del problema degli stipendi.

Da quel momento i clienti cominciano a non dare più commesse, i fornitori bloccano il servizio logistico, mentre i magazzini restano chiusi. Il 22 settembre, si svolge un nuovo incontro presso il Ministero, a seguito del quale si ottiene che l’azienda paghi lo stipendio di luglio entro il 2 ottobre e le altre spettanze entro il 20 ottobre. Tuttavia, scrivono i lavoratori, gli stipendi verranno corrisposti “a partire”, e non “entro”, il 2 e fino al 7, con valute diverse.

Poi arriva la notizia peggiore: il 22 ottobre, Omega avvia senza preavviso una procedura di mobilità per 1.192 lavoratori, dichiarando che “non sono ipotizzabili soluzioni alternative al licenziamento” e che non è praticabile il ricorso alla cassa integrazione. Né a quello dei contratti di solidarietà, nonostante il fatto che, nel maggio 2009, la stessa azienda avesse rifiutato un proseguimento dei contratti di solidarietà in atto sin dall’anno precedente.

Insomma, gli uffici sono chiusi da mesi, la produttività è bloccata. E i vertici dell’azienda sono scomparsi dalla circolazione. Phonemedia non ha mai dichiarato lo stato di crisi, non ha mai chiesto la cassa integrazione, non ha mai avviato le procedure di mobilità. Semplicemente, ha cessato di esistere: è diventata un’impresa “fantasma”. I lavoratori non sanno materialmente a chi rivolgersi per avere quanto gli spetta, e non riescono a trovare il bandolo della matassa tra Phonemedia, Omnia Network e Omega. “Non abbiamo la benché minima idea di quando potremo percepire le nostre spettanze, – scrivono nella lettera – per non parlare del Tfr in caso di licenziamento. Presto saremo 7.000 persone senza occupazione o comunque senza retribuzione”.

In tutte le sedi
sono state organizzate lotte e mobilitazioni di ogni genere, ma di soluzioni all’orizzonte non se ne vedono. I lavoratori di Trapani, tra l’altro ricordano che Agile/ex Eutelia (altra controllata di Omega) “ha ottenuto il commissariamento, noi continuiamo ad aspettare risposte che probabilmente arriveranno troppo tardi”. I settemila di Phonemedia, dunque, sono costretti a rivolgersi ai tribunali, sperando in un commissario che assicuri, se non altro, gli stipendi arretrati.

link originale: http://www.rassegna.it/articoli/2010/01/20/57247/phonemedia-settemila-dispersi-nellazienda-fantasma

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