Foxconn: un milione di robot al posto degli operai

L'esercito degli operai robot

La multinazionale dell’elettronica annuncia la creazione di un esercito di robot-operai. Il programma di robotizzazione previsto entro il 2014. Gli analisti: “Una svolta epocale”. La risposta dell’industria all’aumento dei diritti dei lavoratori cinesi

di rassegna.it

Niente scioperi, nessuna pausa pranzo e nessun contratto da rinnovare. E’ il sogno della Foxconn, multinazionale taiwanese dell’elettronica con immensi impianti manifatturieri in Cina. Un sogno che ben presto potrebbe diventare realtà. Il gigante globale delle delocalizzazioni industriali ha infatti annunciato di voler creare nel giro di tre anni un esercito di un milione di robot in grado di sostituire i suoi operai, aumentando di cento volte i livelli di produzione attuali.


Il fantascientifico progetto, secondo l’agenzia di informazione cinese Xinhua, è stato annunciato durante una festa aziendale da Terry Gou, amministratore delegato e fondatore dell’azienda, che attualmente dà lavoro a circa un milione duecentomila operai cinesi. La Foxconn è un vero e proprio colosso dell’informatica, e produce i gioielli dell’elettronica per conto di buona parte dell’industria avanzata occidentale, dalla Apple alla Nokia, dalla Intel alla Sony, dalla Hp alla Dell.

Il maxi programma di robotizzazione porterebbe le unità lavorative robotiche delll’azienda dalle attuali 10.000 a 300.000 nel prossimo anno e a 1 milione in tre anni. Secondo gli analisti si tratta di un passaggio che potrebbe segnalare un cambiamento di epoca per l’industria: “ormai il costo del lavoro – sostiene Alin Kwock, di JPMorgan – non è più inferiore al costo del capitale”, cioè al finanziamento che è necessario reperire per costruire e mantenere robot industriali”.

“Tuttavia – continua Kwock – questo slancio sull’automazione potrebbe creare nuovi attriti con le autorità cinesi, diverse province cinesi speravano che la costruzione di nuovi impianti del gruppo portasse alla creazione di posti di lavoro. Invece ci saranno posti solo per i robot, che non votano alle elezioni. Proprio per questo Foxconn ha cercato di smorzare sulle polemiche, evitando di confermare a livello ufficiale le cifre  e assicurando che il management intende riallocare i suoi dipendenti a “livelli più alti” della catena produttiva, rispetto alle attività di base del manifatturiero”.

Androidi al posto degli operai
, dunque, dipendenti automatizzati in catena di montaggio. “I robot – ha assicurato Terry Gou – verranno utilizzati per fare un lavoro semplice e di routine come la verniciatura, la saldatura e l’assemblaggio che ora sono principalmente condotte dai lavoratori”.

Nei mesi passati Foxconn è stata investita da furiose polemiche sul trattamento riservato ai suoi dipendenti, che oggi rivendicano orari più umani e salari più elevati. Sono state numerose, poi, le notizie relative a operai suicidati, a causa dello stress e delle condizioni lavorative estreme.

Questo salto nel futuro è dunque la risposta della multinazionale all’esaurimento del prezioso filone di lavoro a bassissimo costo che in Cina, per anni, è stato possibile sfruttare grazie all’esodo di milioni di cittadini dalle poverissime campagne verso le città. Il lavoro low cost cinese, insomma, sta diventando sempre meno “low”. Lo scorso anno, sollecitata anche dalla pressioni delle autorità locali, Foxconn si è dovuta rassegnare ad aumentare del 30-40 per cento i salari medi e, secondo il Financial Times, fino al 2013 si profilano altri incrementi per un ulteriore 20-30 per cento.

Per un gigante dell’elettronica, quindi, la via di fuga più evidente dall’aumento dei costi del lavoro è proprio quella di costruire e mantenere in attività operai cibernetici fatti in casa. Loro hanno un costo, certo, ma è fisso e prevedibile. I lavoratori in carne ed ossa, anche quelli cinesi ormai, sono invece troppo imprevedibili. Il futuro bussa alle porte, e forse gli esseri umani in tuta blu hanno i giorni contati.

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