Cina, nuovi scioperi e aperture del regime

autore: Xiaming, da Flickr (immagini di autore: Xiaming, da Flickr)

E’ di oggi la notizia di una nuova ondata di proteste operaie. In un editoriale, il Quotidiano del Popolo, chiede miglioramenti nelle condizioni dei lavoratori. A scioperare sono i giovani migranti provenienti dal centro del paese

Gli operai cinesi scioperano e scuotono l’economia di Pechino. Sono di oggi le notizie di nuovi scioperi nel nord del Paese e della cauta apertura alle rivendicazioni dei lavoratori da parte della stampa ufficiale
Anche l’organo del Partito comunista, il Quotidiano del Popolo, ha infatti chiesto un miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Seppur senza far cenno alle proteste in corso in diverse zone industriali del Paese. In un editoriale, il giornale afferma che il “modello del made-in-China” è arrivato ad un “punto di svolta” e che è “venuto il momento di ridurre il divario tra ricchi e poveri” creato dal tumultuoso sviluppo economico degli ultimi decenni.
Secondo quanto riferisce l’Ansa, in ogni caso, nuove interruzioni del lavoro sono segnalate nel nord mentre si attende per domani una nuova proposta della Honda Locks di Zhongshan, nel sud, alle richieste di aumenti salariali degli operai.

Lunedì scorso, un centinaio di lavoratori
in tuta bianca e cappello blu si erano riuniti nel cortile della fabbrica che produce serrature per la casa automobilistica in Cina, dopo che molti dei 1.500 dipendenti dell’impianto hanno scioperato già la scorsa settimana. Sempre oggi, tra l’altro, si è diffusa la notizia che martedì scorso i lavoratori hanno bloccato una fabbrica che lavora per la giapponese Toyota nella città portuale di Tianjin, a cento chilometri da Pechino. La fabbrica, la Toyoda Gosei, fornisce componenti alla casa automobilistica giapponese. Un dirigente dell’impianto ha sostenuto che lo sciopero è durato solo un giorno e che si è concluso dopo una ”discussione” con i lavoratori sul livello dei salari. Lo sciopero è l’ultimo in ordine di tempo di una serie che ha colpito varie fabbriche attorno al Delta del Canton, nel sud della Cina, e qualche altra zona, coi lavoratori che chiedono maggiore benessere.

Proteste e scioperi sono ormai in corso nelle fabbriche cinesi già dalla metà di maggio e in alcuni casi si sono risolti con la concessione di aumenti salariali. Gli scioperi, infatti, sono la prosecuzione di un movimento che negli ultimi anni aveva conosciuto una pausa per la crisi finanziaria globale, ha spiega alla agenzia Reuters Liu Kaiming, direttore esecutivo dell’Istituto di osservazione contemporanea, un gruppo privato di Shenzhen che segue le questioni relative al lavoro.

“Abbiamo già visto un numero crescente
di scioperi negli anni precedenti, specialmente nel 2007 e 2008, quando è stato introdotto il nuovo contratto di lavoro, e poi c’è stato un gap nel 2009, ma ora vediamo che la tendenza riprende”, dice Liu.Un sciopero presso la filiale cinese di ricambi di Honda Motor potrebbe portare a più ampie richieste sindacali nella vasta regione manifatturiera in Cina, con i lavoratori cercano di assicurarsi una fetta maggiore di benessere mentre cresce l’economia nazionale. “Lo sciopero alla Honda è un’estensione. Mostra anche che c’è una tendenza guidata da una nuova generazione di lavoratori migranti. Hanno più voglia di parlare delle loro vertenze, e sono meno tolleranti rispetto alle vecchie generazioni rispetto a orari lunghi e condizioni dure di lavoro”.

Non è un caso, dunque, se il premier cinese Wen Jiabao, abbia rilasciato la scorsa settimana una dichiarazione di apertura alle rischieste dei lavoratori, in  cui ha fatto specifico riferimento a migranti. In un dispaccio dell’agenzia di stampa statale Xinua, si è rivolto ai cinesi che stanno costruendo una nuova stazione della metropolitana di Pechino. “Dobbiamo prenderci cura, amare e rispettare i lavoratori migranti, e in particolare la nuova generazione di giovani lavoratori migranti. – ha detto.

Il messaggio era però indirizzato all’esercito di circa 120 milioni di lavoratori migrati dalle campagne nelle città dell’ex Impero di mezzo per cercare lavoro come operai o manovali nelle industrie e nei cantieri: i cosiddetti nongmingong, i “contadini lavoratori”. E soprattutto proprio a quei giovani tra i 20 e i 25 anni che di questi tempi hanno osato sfidare la legge e il sindacato ufficiale (Fnsc) nelle fabbriche del Delta delle Perle e in altre parti dell’immensa Repubblica popolare.

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