
Ricerca Sda Bocconi-HayGroup: le donne italiane guadagnano il 25% in meno degli uomini, perché occupano posizioni peggiori. A parità di incarico, la differenza si riduce a meno del 3%. Femminilizzazione del lavoro in crescita, ma resta ancora troppo bassa
di Carlo Ruggiero
Le donne italiane guadagnano il 25% in meno degli uomini, ma solamente perché occupano posizioni svantaggiate rispetto ai loro colleghi maschi. A parità di incarico, infatti, la differenza rimane, ma si riduce a meno del 3%. E’ questo il quadro che emerge da una ricerca durata tre anni e conclusa in questi giorni dall’Osservatorio sul “diversity management” della Sda Bocconi e da HayGroup su 31.882 lavoratori di 97 aziende. Il rapporto viene presentato oggi, 23 giugno, a Milano.
Secondo la Bocconi e HayGroup, insomma, la questione del lavoro femminile in Italia non è tanto legata alla differenza di retribuzione tra uomo e donna a parità di qualifica, inquadramento e anzianità di servizio, quanto al fatto che le donne sono inserite nel mercato del lavoro a livelli bassi. Per capirci, sono soltanto il 13% le donne dirigenti, mentre percentuali ben più alte si registrano nelle funzioni meno pagate, come ad esempio l’amministrazione. E’ il cosiddetto “tetto di cristallo”, quella trasparente ma robustissima pellicola che divide le donne dai posti che contano. Lo chiamavano così anche venti anni fa e, a quanto pare, non è stato ancora scalfito.
Quelle poche volte in cui una donna riesce a raggiungere i livelli gerarchici più alti di un’azienda, però, la differenza di retribuzione con i colleghi maschi diminuisce verticalmente. Le impiegate portano a casa, in media, l’1,9% in meno, i quadri rosa -3,6%, le dirigenti -3%. Il 2% è una media ponderata tra tutte le categorie (tantissime le impiegate, una minoranza le dirigenti). Si tratta, a ben vedere, di una penalizzazione ben più contenuta rispetto al meno 7% stimato dall’Istat nel 2007, al meno 17% valutato da Unioncamere nel 2008, al taglio dell’8,75% annunciato dall’Isfol nel 2009 , o al meno 16% accertato, sempre quest’anno, dall’Eurispes. In ogni caso, la media assoluta nazionale resta ancora clamorosa: il “gentil sesso”, in Italia, guadagna tra il 22,8% (retribuzione annua lorda) e il 25,2% (retribuzione globale annua) meno del “sesso forte”.
In realtà, il rapporto pubblicato oggi fornisce anche qualche buona notizia per le donne. Ad esempio, sul fronte delle donne manager non ce la passiamo affatto male. Sul totale dei dirigenti in Italia sono il 13%, il dato migliore tra quelli dei paesi analizzati, mentre è ancora sotto la media la percentuale di donne tra quadri (23%) impiegati (37%). Anche la femminilizzazione del mercato del lavoro italiano sembra in crescita: tra il 2005 e il 2008 la percentuale di donne tra i lavoratori è aumentata dal 26% al 30%, portando il nostro paese al di sopra della Germania (27%), ma ancora lontano da Spagna (38%), Francia (42%) e Belgio (45%).
La differenza tra retribuzione annua lorda maschile e femminile (vicina al 23%), tra l’altro, non pone l’Italia in una situazione particolarmente negativa rispetto agli altri paesi considerati. Se fa meglio la Germania (20%), soffrono invece di una diseguaglianza maggiore Spagna (27%), Belgio (29%) e soprattutto Francia (42%). Quasi tutti i dati raccolti per l’Italia, mette in evidenza il ticket Bocconi- HayGroup, “mostrano un trend positivo tra il 2005 e il 2008, a testimonianza di un’apertura del mercato del lavoro alle donne ancora relativamente recente e di una situazione ancora in evoluzione”.
Nel marzo del 2000 a Lisbona, però, i paesi europei decisero un piano sull’occupazione femminile. L’Ue partì da poche ma precise considerazioni: se la donna lavora entra più ricchezza in famiglia, aumenta il reddito e nascono più bambini. Fu allora deciso che l’obiettivo era raggiungere nel 2010 quota 60%. In sostanza, per quella data, ogni cento donne europee almeno 60 avrebbero dovuto essere occupate. Il traguardo, a meno di un anno dalla deadline, appare ancora molto lontano, mentre a sparigliare le carte è ora arrivata anche la crisi globale. Sul fronte dell’occupazione femminile, comunque, gli effetti della recessione non sono ancora prevedibili. La tempesta che ha investito i mercati, secondo alcuni segnali provenienti dagli Stati Uniti, potrebbe in effetti favorire le donne.
Negli Usa i tassi di disoccupazione maschili sono cresciuti di qualche decimale in più rispetto a quelli femminili, e in Italia l’ultima rilevazione Istat sulla forza di lavoro va nella stessa direzione. I più colpiti dalla recessione sarebbero i maschi capifamiglia, anche perché hanno iniziato ad essere in difficoltà soprattutto alcuni settori tradizionalmente maschili, come costruzioni e manifatturiero. Senza contare che con la crisi le aziende dovranno valorizzare le loro risorse migliori, puntando sul merito. E questo è un criterio che tende generalmente a premiare le donne.
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link originale: http://www.rassegna.it/articoli/2009/06/23/48902/donne-resiste-il-tetto-di-cristallo