Una storia di sesso, e di verruche. Nel suo ultimo libro, Motel voyeur, Gay Talese racconta la vita di un guardone che per vent’anni ha osservato la gente accoppiarsi in un motel vicino Denver. E di recente, durante un’intervista, se n’è uscito anche così: “I giornalisti sono quasi tutti inquieti voyeur che vedono le verruche del mondo”. Se lo dice lui, mostro sacro del giornalismo narrativo americano, è il caso fidarsi. Anche perché, di sesso e guardoni, ne sa più di qualcosa.
A una prima occhiata, in effetti, Motel voyeur parrebbe davvero il capitolo mancate di uno dei suoi reportage più famosi: La donna d’altri, il voluminoso viaggio nei meandri della rivoluzione sessuale americana che all’inizio degli anni Ottanta gli procurò fama, soldi e successo. Più di quanti non ne avesse già. Quel libro, però, oltre ad aver alzato un enorme polverone sui giornali e nelle tv americane, era il frutto di un’impresa epica. Un’inchiesta magistrale, durata ben 9 anni, nella quale Talese s’immerse a fondo, praticando bordelli, comunità di nudisti, gestendo addirittura diversi centri massaggi, e mettendo a dura prova il suo matrimonio.
Insomma, di sesso Talese scriveva allora, di sesso ha deciso di scrivere ancora oggi. Ma c’è anche dell’altro. L’idea originale di Motel Voyeur nasce nel gennaio del 1980, quando Gerald Foos (il guardone di Denver) scrive una lettera a Talese per chiedergli di raccontare la sua storia. A quel tempo La donna d’altri era ancora in lavorazione, ma se ne sapeva già tutto. Foos aveva deciso di contribuire alla ricerca del grande scrittore, fornendo delle informazioni confidenziali “per un pubblico generale e per i ricercatori del sesso in particolare”. Talese non abboccò e decise di accantonare la lettera, “non sapendo come o perfino se fosse il caso di rispondere”. Anche perché Foos non voleva che il suo nome fosse rivelato al pubblico. E così la sua storia rimase nell’ombra. Tra il voyeur e lo scrittore, comunque, continuò una lunga corrispondenza epistolare, fin quando Foos rivendette i suoi motel (nel frattempo ne aveva comprato anche un altro), e decise di darsi in pasto al mondo.
Le affinità tra i due libri, però, si fermano qui. Perché trentasette anni dopo, con La donna d’altri in una mano e Motel Voyeur nell’altra, la sensazione di squilibrio che si prova è netta. E non è solo un problema di peso. Da un parte c’è l’impianto circolare di un grande romanzo, il ritmo serrato di un noir e la documentazione ineccepibile di un saggio. Ci sono le vicende di decine di personaggi, editori, scrittori, fondatori di comuni sessuali, giudici e avvocati (oltre a quella di Talese stesso), che s’intrecciano e si rincorrono in un gioco di scatole cinesi lungo più di trent’anni. C’è insomma la fotografia nitida di un mondo in profonda trasformazione. Il sesso, qui, è un grimaldello potente, in grado di scardinare tutto e di stravolgere la morale comune americana dalle fondamenta. Dall’altra, invece, c’è la storia un po’ squallida di un unico personaggio e dei suoi taccuini tutti sgualciti e inzaccherati. C’è la sua vita monotona, ci sono le annotazioni dettagliate sulla grata che ha dovuto installare nelle camere del suo motel per spiare i clienti senza essere scoperto, ci sono dati minuziosi sul numero e il tipo di rapporti sessuali che ha osservato, sulla quantità di orgasmi e mancate erezioni per ogni accoppiamento, c’è descritto il modo in cui i clienti hanno usato il gabinetto e i lavandini.
Di sesso ce n’è, e molto, ma è un sesso triste, noioso, ripetitivo. Anche quando Foos arriva a raccontare di un omicidio a cui ha assistito dalla sua postazione, a questa storia sembra comunque mancare la passione. Talese, tra l’altro, si fa spesso da parte. Riporta ampi stralci del diario di Foos, che ovviamente non possiede la sapienza della narrazione, la profondità dello sguardo, il respiro del grande scrittore. Insomma, nonostante lo scalpore, nonostante le polemiche sollevate da alcuni giornali americani sulla veridicità di questa storia (tanto che Talese s’è visto costretto a inserire una nota e alcune modifiche nella seconda edizione), e nonostante Steven Spielberg ne abbia già acquistato a peso d’oro i diritti cinematografici, Motel Voyeur non ha nulla di audace, niente di sordido. Chi ha amato La donna d’altri ne resta inevitabilmente deluso. Guardare la rivoluzione sessuale americana dal buco della serratura, evidentemente, non ha lo stesso fascino di viverla in prima persona. Forse i tempi sono cambiati. Forse il grande giornalista s’è fatto troppo vecchio per questo genere di cose. O forse nel frattempo siamo cambiati tutti noi. Le verruche sono ancora lì, certo, ma il sesso ai tempi di Youporn non è più lo stesso. Oggi è molto più banale, e Talese lo sa.
Articolo pubblicato in origine su Satisfiction